Donne Arte e Scienza

a cura di Valeria Silvestri

5 domande a… Barbara Agreste

 next interview >

Donne Arte e Scienza:

Come vedi il “lato umano” della ricerca scientifica e della conoscenza? Lo consideri l’aspetto etico o emotivo o altro?

E’ proprio il lato umano, la natura umana, che è alla continua ricerca di possibili soluzioni attraverso la conoscenza a dei problemi posti sempre da un punto di vista “umano”. Il lato umano è la possibilità di “trovare”, di progredire, di conoscere, il lato umano è sia emotivo che etico a seconda di ciò che culturalmente gli umani hanno afferrato, conosciuto, seguito, sperimentato, verificato, ipotizzato.
Il lato umano io lo vedo come una spinta verso una conoscenza non solo fatta di verifiche, ma anche di disegni, ipotesi e domande non strettamente razionali, ma aperte a spazi intermedi di incertezza più ampi.

 


Arte e scienza possono trovare il loro comune denominatore nella ricerca del vero, della “verità”, anche se in modi diversi. Tu hai mai riflettuto sulla nozione di verità? Pensi ce ne sia una sola, o le verità siano molteplici?

Ho una difficoltà particolare con il termine “verità” perché lo associo automaticamente a qualcosa di assoluto. Ciò che è vero per me può non essere vero per qualcun altro, quindi il concetto di verità è invece molto dinamico, in costante evoluzione, ci sono tante verità quanti sono i punti di vista, la verità dell’arte esce fuori da mille piani ed angolature diverse, mai uguale a stessa, sempre molto difficile da decifrare, slittante e poliedrica, riflette solo combinazioni.

 


In cosa differisce, a tuo avviso, la verità dell’arte da quella della conoscenza scientifica?

Non c’è differenza fra le due verità. Questo perché la verità dell’arte è nel “processo” di scavare in una forma/tematica/apparenza, questa verità non ha bisogno di una conclusione o di una conferma, non è mai del tutto vera nonostante non sia neanche falsa. La scienza con un approccio diverso fa quello che fa anche l’arte cioè “cerca”, e in questo cercare mantiene sempre una possibilità d’errore, quindi le conoscenze raggiunte dalla scienza sono sempre soggette a cambiamenti e ad essere rimesse in discussione e, così come in arte, niente qui è mai “assoluto”.
Lì dove l’arte non riesce ad arrivare e a dire, è la scienza che deve rispondere, ma lì dove la scienza non può rispondere è l’arte che deve “dire”, queste verità si alternano, perciò devono essere molto simili fra loro.

 


Se dovessi lavorare su un tema legato alla ricerca scientifica, quale preferiresti e perché?

Se penso ai temi sui quali ho spesso focalizzato la mia attenzione nella mia ricerca, il tema che mi interessa di più è quello della fecondazione/inseminazione artificiale, mi interessa tutto ciò che è legato alla condizione/vicenda dell’ovulo, questo perché mi interrogo sul corpo femminile e sulle sue possibilità di rigenerazione.

 


Pensi che, avvicinando l’arte alla scienza, si possa più perdere o più guadagnare qualcosa, in termini di valori artistici?

Forse avvicinando l’arte alla scienza, cioè permettendo che il filo divisorio o di confine fra le due pratiche si assottigli, si potrebbe anche arrivare a definire l’arte stessa una scienza.
Ci si può guadagnare in valori artistici, ma dipende da in che modo l’arte si avvicina alla scienza.

 

Commento:
Il fatto che la scienza debba comunque sempre avere in sé il seme del dubbio, cosa che raramente avviene oggi, dove la scienza si ammanta spesso di una sua apoditticità, è ciò che per Barbara accomuna le due discipline, unite anche dal comune spirito di ricerca, ed è molto interssante questa cosa che per lei sia proprio questo spirito di ricerca, presente in entrambe, a sottolineare l’aspetto umano della scienza e della scientificità.

Intervista a Barbara Agreste - interview to Barbara Agreste.

  Donne Arte e Scienza

Back to Interviews